Skip to content Skip to footer

1000 e 1 modi per essere una farmacista

Alice Loreti, giovane farmacista e non solo. Blog, podcast e i social per far conoscere il mondo della farmacia. VEDIAMO LA SUA STORIA!

1. Alice, non ti fai proprio mancare niente!! Blog, ebook, podcast, YouTube… ma, da dove nasce questo desiderio di comunicare la figura del farmacista e in senso lato la scienza?

Dunque, considera che sono una persona molto curiosa, quindi questa voglia di comunicare ed esprimermi è nata già dall’infanzia. Mi piace condividere ciò che so e far conoscere agli altri quello che conosco. Poi, pian piano, negli anni, il vero impulso me l’ha dato l’università di farmacia e la mia tesi, perché ho fatto una tesi un po’ particolare sulla figura del farmacista digitale.

All’epoca sembrava qualcosa di un po’ distopico e quasi impossibile, ma finalmente, dopo circa nove anni, lo vediamo con i nostri occhi. Proprio da quella tesi è nata la mia voglia di creare un personaggio, cioè il mio personal brand, attraverso il quale, grazie alla mia esperienza unita a tutto quello che apprendevo, rielaboravo le informazioni e le mettevo al servizio di chi mi segue, di chi mi ascolta: farmacisti, colleghi universitari, studenti. E così è iniziato tutto.

 2. Entriamo più nel dettaglio. Qual è stata la tua formazione in merito?

Partendo un po’ dal passato, ho frequentato il liceo scientifico bilingue, dove ho studiato sia materie scientifiche classiche che francese e inglese.

Successivamente, ho intrapreso il percorso di studi in farmacia a Torino, presso il Dipartimento di Scienze e Tecnologie del Farmaco. Ho iniziato nel 2010 e mi sono laureata nei tempi previsti. Nel 2015 ho sostenuto l’esame di Stato e ho iniziato a lavorare a gennaio 2016.

Da allora non mi sono praticamente più fermata, fino a quando ho deciso di rimettermi in gioco. Nel 2022, dopo alcuni anni e dopo aver seguito corsi ECM e specializzazioni in omeopatia, fitoterapia e nutrizione, ho deciso di mettermi di nuovo alla prova. Non ricordavo più tanto bene cosa significasse stare dietro i banchi di scuola o universitari. Ho quindi deciso di frequentare il Master in comunicazione scientifica all’Università di Parma, il che mi ha permesso di approfondire una delle mie tante passioni: comunicare la scienza e fare divulgazione.

Lo studio non finisce mai e gli sviluppi nel campo digitale cambiano ogni giorno, quindi bisogna stare al passo. Per forza di cose, bisogna sempre mettersi all’opera e continuare a studiare.

3. Perfetto. Questa tua passione ti ha aiutato o ostacolato nel tuo lavoro come farmacista?

Possiamo dire che è un 50 e un 50, perché essere eccessivamente curiosi e voler sapere sempre tutto molto bene significa un po’ pretendere tanto da se stessi. Questo può portare ad avere la sindrome dell’impostore e credere di non saperne mai abbastanza, mettendoti sempre un po’ sul “chi va là”, più che altro, è un giudizio nei propri confronti. Sembra quasi che non si arrivi mai all’obiettivo, come se mancasse sempre un pezzetto. Da una parte, c’è l’ostacolo della mia persona che mi ha autosabotata, ma anche un po’ l’ambiente circostante. Lavorare in farmacia e comunicarla inizialmente non p stato affatto semplice.

I miei colleghi non l’hanno capito subito, così come non è stato capito subito l’utilizzo delle piattaforme social come strumento di comunicazione e divulgazione ( Facebook, Instagram TikTok) . Forse adesso si iniziano ad utilizzare in maniera più consapevole e come opportunità, ma dieci anni fa non era così. Si è sviluppato nel tempo e, dall’altra parte, mi ha dato anche un grosso vantaggio. Mi ha aperto la possibilità di occuparmi di comunicazione e social media per l’azienda per cui lavoro, che sono quattro farmacie comunali di Aosta. Questa è un’ottima opportunità, soprattutto per continuare a fare quello che mi piace, oltre a stare dietro al banco della farmacia.

4. Scorrendo mano a mano nel tuo blog notiamo qualcosa di veramente interessante: << la figura del farmacista nel mondo>> ce ne puoi parlare un po’?

La figura del farmacista nel mondo è sempre stata una mia curiosità. Volevo sapere com’è il ruolo del farmacista all’estero, sia oltre i confini italiani, quindi in Europa, sia nel resto del globo. Ovviamente, inizialmente si trovavano poche informazioni, ma forse adesso iniziano a esserci riferimenti più calzanti su questo ruolo. Per questo motivo, ho deciso di realizzare una rubrica sul mio canale YouTube, Alice Pharmacist (https://www.youtube.com/@AlicePharmacist) che parla proprio del farmacista in viaggio, intervistando farmacisti italiani che hanno deciso di intraprendere la professione all’estero, così come farmacisti non italiani che lavorano in altre realtà. Questo mi ha portato a creare diversi contenuti sia su YouTube, che sul podcast, in maniera abbastanza trasversale.

5. Come e quando è nata l’idea del podcast? E poi è stato complesso come progetto? Ti è piaciuto tirarlo su dal nulla e ti sei trovata subito a tuo agio?

Allora, il progetto del podcast non è stata una mia idea, anche se sono probabilmente la frontwoman di Pillole Podcast. Bisogna dare il merito al co-conduttore, Manuel Zavatta. Lui è un assiduo ascoltatore di podcast e li ama fin dal loro esordio nel lontano 2007, con i primi podcast su iPhone e con l’arrivo del podcast in Italia.

Un po’ con l’inganno, mi ha portato al Festival del Podcasting 2019 a Milano, dove ho potuto conoscere i principali podcaster più importanti presenti in Italia. Io e Manuel ci siamo resi conto che mancava un podcast nel settore farmacia, salute e benessere. Alla fine della giornata, la sua proposta è stata: “Alice, o apri un podcast ora o mai più”. Questo era intorno a ottobre 2019 e, durante il periodo delle feste, tra il primo e il due novembre, ci siamo messi all’opera. Suddividendoci i ruoli, io mi sono occupata principalmente della struttura del podcast e di come interfacciarla con due voci.

Lui, invece, ha capito come creare e produrre un podcast in maniera ottimale. Si è occupato di tutta la parte tecnica e, senza di lui, penso che non avrei mai fatto un podcast. In brevissimo tempo, circa 3-4 giorni, siamo riusciti ad avere la copertina del podcast, la sigla, il microfono e a partire subito. Durante le puntate io faccio la farmacista, il mio ruolo, e Manuel interpreta il paziente non informato, fungendo da spalla per creare un flusso di due voci, rendendo la mia esperienza più concreta e tangibile.

Da lì è iniziata un’esperienza settimanale con una pillola a settimana, che è andata avanti per circa due anni. Ora l’uscita dei post è un po’ più dilazionata perché diventa più complicata la produzione delle puntate in associazione con il lavoro. Tuttavia, per due anni, ogni domenica alle ore 19 usciva una nostra pillola.

6. Dal project work del master ad oggi che sei nel vivo della comunicazione della scienza secondo te quest’ultima ha o avrebbe bisogno di svecchiarsi un po’? E quali sono secondo te i canali giusti per farlo, senza però andare a ridicolizzarla o impoverirla della sua complessità?

La comunicazione e la divulgazione, sono sempre in continuo cambiamento ma mai come ora a questa velocità. I mezzi di comunicazione, radio e televisione sono stati soppiantati, almeno per le nuove generazioni, dai social media. Noi Millenials, ci siamo trovati un po’ tra due fasi: quella che ci è praticamente caduta addosso con Facebook per primo, e poi Instagram, TikTok e YouTube. Sicuramente sono strumenti potentissimi che un divulgatore potrebbe utilizzare per fare tantissimo, ma per farlo bene, a mio avviso, dipende tutto da chi vuoi raggiungere con il tuo contenuto, dal target che ti prefiggi.

Ovviamente, fare divulgazione e comunicazione scientifica in ambito STEM, quindi matematica, chimica, fisica, così come medicina, farmacia, infermieristica, diventa molto difficile se non è esemplificativo renderlo tutto in un minuto. Dipende anche da che tipo di professionista vuoi essere, da che tipo di divulgatore vuoi essere. In quel minuto puoi dire solo alcune cose e devi dirle molto bene, perché non devi ingannare chi ti ascolta o chi non conosce bene l’argomento.

Secondo me, sono ottimi ganci per far conoscere il tuo lavoro, però per fare divulgazione scientifica approfondita bisognerebbe avere almeno una ventina di minuti per approfondire l’argomento. A mio avviso, non è fattibile farlo in meno tempo, ed è il motivo per cui io, ad oggi, utilizzo Instagram per creare in 50 secondi un gancio che mi permetta di far conoscere i miei contenuti. È un riassunto e poi, se ti interessa, lo vai ad approfondire sul canale YouTube, sul blog o sul podcast.

Per come sono fatta io, trovo difficile riuscire a condensare informazioni così importanti in poco tempo. È davvero un lavoro enorme. Concordo che, oltre all’enorme quantità di lavoro che c’è dietro, anche volendo farlo bene, non riesci a sviscerare tutte le sfaccettature, soprattutto se l’argomento è complesso. È veramente difficile senza neanche avere un supporto scritto

Purtroppo, a causa di questa velocità, la gente non legge più e un supporto cartaceo, in senso lato scritto, è sicuramente di grado superiore. Però è anche vero che, se non arriva al target, è un po’ inutile. Non è facile, soprattutto perché i social sono in continua evoluzione. Nel momento in cui riesci a capirci qualcosa, cambia tutto.

Secondo me, si arriverà a un punto in cui ci saranno troppi contenuti fatti male con l’intervento dell’intelligenza artificiale e si ritornerà un po’ agli albori. Serviranno degli scritti fatti molto bene da professionisti di cui sai che il contributo è reale. Però, effettivamente, ora come ora, in questo grande caos, è difficile.

7. Stiamo sempre sul tema ma lo prendiamo anche da un altro punto di vista. Abbiamo visto, soprattutto dalla pandemia in avanti, un accrescersi in numero e competenza di divulgatori scientifici – soprattutto giovani- innanzitutto possiamo dire che era ora; il loro lavoro è importante secondo te?

Il loro lavoro è molto importante, però emergere è difficile, anzi difficilissimo. Mi è capitato di intervistare, proprio per il mio master, Giacomo di “Entropy for Life”, che fa un egregio lavoro su YouTube. Come mi aveva già detto lui nella sua intervista, è difficilissimo emergere, soprattutto in un mondo come YouTube, così come è difficilissimo emergere per altri canali. Ce la fa uno su tanti e ci vuole tanto impegno, tanta passione, costanza, determinazione e un po’ di fortuna. Inoltre (almeno per Youtube) è necessario diverso tempo, non arriva dall’oggi al domani. Per i giovani, se hanno passione e costanza e vogliono mettersi in gioco, sicuramente ce la fanno.

Dopo un po’, a forza di insistere, arriva la fortuna. Il problema è che bisogna essere molto agguerriti e determinati, non farsi scoraggiare. Ci sono momenti sì e momenti no, momenti in cui vorresti mollare tutto. Però, ora come ora, mi piacerebbe che ci fossero molti più divulgatori e, per fortuna, pian piano si sta ampliando la platea. Tuttavia, è molto difficile emergere e soprattutto fare dei numeri che ti permettano di vivere di quello.

Ora come ora, per esempio, io non mi posso permettere di fare la divulgazione scientifica come lavoro principale. Il mio lavoro è la farmacia e riesco ad applicarlo dove lavoro perché, per fortuna, ho avuto questa opportunità. Però, effettivamente, se dovessi farlo da zero con la mia partita IVA, diventerebbe veramente complicato. Bisognerebbe lavorare il doppio, se non il triplo. Sì, c’è anche da dire che in Italia, rispetto all’estero, la divulgazione scientifica ancora non so se è considerata un vero e proprio mestiere, è un po’ borderline. Se vai a vedere le casistiche sugli stipendi di chi si è specializzato in comunicazione, non sono così alti da rendere questo lavoro allettante.

Fino a un po’ di tempo fa c’era la figura del giornalista scientifico che, purtroppo, o si sta estinguendo oppure non è formata in maniera adeguata. L’abbiamo visto con la pandemia, abbiamo avuto notizie da persone sicuramente non formate ed informate che si sono ritrovate a parlare di un settore che non fosse il loro, parlando a volte anche un po’ a sproposito. Non è assolutamente facile come lavoro.

8. Allacciandoci alla domanda precedente, perché contrariamente all’aumento di questi divulgatori vi sono pochissimi farmacisti o laureati in discipline attinenti al farmaco che sposano la divulgazione?

Il settore farmaceutico è indietro rispetto ad altri settori e ci vuole tempo per recuperare. I divulgatori scientifici aumenteranno anche in questo campo, ma trovare persone con competenze sia scientifiche che comunicative è difficile. Gli stipendi non sono alti, quindi chi sceglie questa strada lo fa per passione. Il numero di divulgatori scientifici in Italia sta crescendo, ma raggiungere certi livelli è complicato e il ruolo non è ben compreso. È necessario regolamentare per definire le competenze richieste, che includono abilità digitali, economiche e comunicative. Anche l’aspetto etico è importante, soprattutto nella scelta degli sponsor che possono supportare il tuo lavoro.

9. L’ultima domanda, che esula un po’ da quest’ultimo discorso, che cosa consiglieresti ad uno studente dell’area farmaceutica o meglio che cosa consiglieresti alla Alice di tanti anni fa quando ha iniziato l’Università ?

Sicuramente, se dovessi parlare all’Alice di tanti anni fa, le direi: “Alice, ti faccio i complimenti perché eri una persona talmente ansiosa che andavi agli esami e stavi male. Adesso stai sempre un po’ male, però molto meno, e questo è legato al fatto che non ti sei mai arresa. Un consiglio che darei ai giovani è di non arrendersi, perché capita sempre di arrivare a dei momenti in cui vorresti abbandonare tutto e cambiare.

Però poi è talmente bello e interessante quello che studiamo. Secondo me, se uno ci mette passione, voglia e impegno, arriva e raggiunge gli obiettivi. Ci vorrà tempo, non saranno immediati, ma io sono sicura che il settore farmacia migliorerà. Se dovessi rivedere l’Alice del passato, le direi di non mollare e che, se hai ansia, va bene. Tanto prima o poi farai un podcast, delle interviste, e tante cose che prima non avresti mai fatto.

LASCIAMO I LINK PER SEGUIRE I LAVORI DI ALICE: https://linktr.ee/alicepharmacist?fbclid=PAZXh0bgNhZW0CMTEAAaYJuZ249Sf_IvPirMk2nPfdm8cGh_1VqNntSJbkgtlUgbCaz89HQuNr2-g_aem_R3ncvsq51rQez0iViQJP1A

Written by Dott. Santarelli Leonardo

Reviewed by Dott. Michele Ronsisvalle

    Contattaci